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” Salute a te , o Nilo che sei uscito dalla terra, che sei venuto per far vivere l’Egitto ! Portatore di nutrimento, ricco di alimenti , creatore di ogni cosa buona”.
Dalle parole dell’ Inno al Nilo , risalente alla XII dinastia ( 1994-1781 a.C.), si evince con chiarezza l’importanza che il fiume rivestì per l’Egitto. Eppure , i primi abitanti del paese, verso il 10.000 a.C., non vivevano lungo le sue sponde, ma sugli altipiani del Sahara, che a quel tempo erano ricchi di vegetazione , corsi d’acqua e fauna. Solo tra il 6.000 e il 5.000 a.C., in seguito ad un progressivo processo di desertificazione , questo habitat divenne inospitale e i suoi abitanti , che erano nomadi, furono costretti a spostarsi nella pianura attorno al Nilo.
Fu allora che iniziò la convivenza tra il Nilo e gli Egizi , un rapporto che se da una parte assicurava a questi ultimi vita e sostentamento, dall’altra li esponeva a continui rischi di carestie e alluvioni. La storia dell’Egitto è dunque anche un incessante sforzo compiuto dall’uomo per “addomesticare” il grande fiume. La piena del Nilo poneva problemi sotto vari punti di vista, non solo pratici. Il fatto che si presentasse in estate, quando il clima era più arido e secco, appariva di per sè stesso misterioso ed inspiegabile agli antichi Egizi.
L’arrivo della piena, inoltre , poneva pericoli a causa della sua irregolarità. Il rischio di inondazione non derivava dalla forza delle acque , ma dall’altezza che potevano raggiungere. Il sistema di coltivazione sfruttava a proprio beneficio le caratteristiche della piena che , ritirandosi , formava sul terreno delle piccole dighe naturali, che venivano rafforzate e ampliate dai contadini. Si creava in tal moso un reticolo di pozze d’acqua collegate le une alle altre , che si riempivano con la piena e trattenevano l’acqua per varie settimane , fertilizzando il terreno con il limo nuovo.
Questo sistema non era esente da problemi. Innanzitutto , se la piena era scarsa , molti campi non venivano irrigati, con la conseguenza di raccolti scarsi e carestie. Se la piena era troppo impetuosa , le dighe erano cancellate e i campi si allagavano , distruggendo i raccolti. Sono rimaste nelle cronache le piene irregolari che funestarono il regno di Amenemhat III (1842-1785 a.C.), faraone della XII dinastia. Se nei primi anni del suo governo le piene si persentarono sempre con livelli d’acqua molto elevati, che raggiunsero il picco nel XXX anno del suo regno, verso la fine di esse furono talmente scarse da impedire una sufficiente irrigazione dei campi.
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